Stefano Staro,
docente di Musica presso l'Istituto Comprensivo Statale Est 1 di Brescia

2 mar 2021

La musica, il diritto d’autore e i mezzi di riproduzione sonora

Che cos'è il diritto d'autore

Le leggi sul diritto d’autore hanno lo scopo di tutelare i frutti dell'attività intellettuale di carattere creativo (ovvero le opere devono essere nuove ed originali), attraverso il riconoscimento all'autore originario  dell'opera di una serie di diritti di carattere sia morale, sia patrimoniale. (wikipedia)

L’autore di un’opera ha quindi diritto a ricavare guadagni per un periodo limitato nel tempo attraverso lo sfruttamento commerciale della sua opera e, contemporaneamente non può subire copie o plagi da parte di altri,

In inglese si traduce con copyright

Il prodotto creativo tutelato dal diritto d’autore riporta il simbolo © 

Quando un prodotto creativo riporta questo simbolo non può essere riprodotto e diffuso senza accordi con l’autore e senza riconoscere all’autore parte dei proventi derivanti dalla sua diffusione.

Un' opera creativa non protetta da diritti d’autore si dice di “pubblico dominio”. Ciò accade:

-  quando l’autore stesso decide di non rivendicare i diritti sull’opera e quindi di concederne lo sfruttamento anche commerciale a chiunque,  

- quando sono decorsi un certo numero di anni dalla morte dell’autore (per la musica, in Italia devono trascorrere settanta anni) o quando l’autore è ignoto e non è possibile rintracciarlo (come nei casi della musica tradizionale).


Dal 2002 si è diffusa la cosiddetta licenza “creative commons”, il cui simbolo è (CC): in questo caso l’autore può concedere la possibilità di utilizzare la sua opera, anche per motivi commerciali chiedendo unicamente di citare l’autore originale.

La legislazione sul diritto d'autore

In Italia il diritto d’autore è riconosciuto nel Codice Civile  dall'articolo 2577 e seguenti 

Codice Civile, Art. 2577:  L'autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l'opera e di utilizzarla economicamente in ogni forma e modo, nei limiti e per gli effetti fissati dalla legge.

L'autore, anche dopo la cessione dei diritti previsti dal comma precedente, può rivendicare la paternità dell'opera e può opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione dell'opera stessa, che possa essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione.

La Legge 22 aprile 1941, n. 633 con le successive integrazioni e modifiche, disciplina il diritto d’autore e riconosce ad esempio che:

-  gli eredi di un autore sono  titolare dei diritti di un’opera per settanta anni dalla morte dell’autore

- l’interprete di un opera  musicale deve essere compensato per la riproduzione della sua interpretazione attraverso i mezzi di comunicazione (radio, televisione, internet)


Il paragrafo 2 dell'art. 27 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo riconosce il valore supremo dello sforzo dell'ingegno umano e sancisce quindi che «ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria ed artistica di cui egli sia autore».

In Italia, il compito di raccogliere i fondi derivanti dalla riproduzione di opere musicali, teatrali e letterarie è delegato alla SIAE: Società Italiana Autori ed Editori.

Ogni organizzatore di spettacoli (o programmi televisivi o radiofonici) è obbligato a pagare un contributo alla SIAE e a dichiarare quali opere siano state eseguite. Se le opere sono protette dal diritto d'autore, la SIAE agli autori e agli editori corrisponde una quota di quanto pagato dall'organizzatore.

Se l'autore è iscritto alla SIAE, riceve  quindi annualmente compensi proporzionali alle esecuzioni o riproduzioni della sua opera.

Gli autori di canzoni note ricevono annualmente dalla SIAE compensi che possono arrivare a centinaia di migliaia di euro.

Gli autori poco noti ricevono compensi molto limitati, ma, se l'opera che ha composto è depositata alla SIAE, qualora qualcun altro dovesse appropriarsene, ha la prova della sua 

Origini del concetto di “diritto d’autore”

L’esigenza di tutelare e remunerare il creatore di un’opera diventa  una questione rilevante quando si sviluppa un ampio mercato di produttori e consumatori di opere d’arte.

Già con le prime pubblicazioni a stampa si pone il problema di controllare l’editoria e la prima legge in tal senso è promulgata in Inghilterra nel XVII secolo, lo Statuto di Anna, che, però, tutelava unicamente gli editori dalla diffusione illegale di copie.

Nell’Ottocento, in Europa, si comincia a prestare attenzione agli autori dei contenuti, in concomitanza con il grande sviluppo del commercio delle opere artistiche, letterarie, teatrali e musicali.

In ambito musicale si pubblicano e si vendono spartiti per appassionati di musica sempre più numerosi; le opere liriche di successo si rappresentano in teatri di tutta Europa e d’ America.



Dalle stesse opere sono estratti brani che entrano nel repertorio di bande musicali, di piccole orchestre popolari, di cori amatoriali.

Prima che gli autori fossero tutelati nei loro diritti, l’editore di uno spartito, dopo aver pagato il musicista per poterne pubblicare la composizione, guadagnava sulla  vendita dello spartito senza altro dovere all’autore, anche se il brano aveva un successo che andava oltre le  aspettative.


Accadeva inoltre che un’opera pubblicata in uno stato (ad esempio in Italia) poteva essere riprodotta in un altro stato (ad esempio in Francia) senza nulla dovere all’autore e all’editore originale.

Alla fine dell’Ottocento si comincia pertanto a discutere della proprietà intellettuale di un’opera d’ingegno.

Con opera d’ingegno si intende qualunque prodotto della creatività umana: non solo opere letterarie, musicali e artistiche, ma anche, ad esempio, le invenzioni tecnologiche,  le scoperte scientifiche, lo sviluppo di software e di applicazioni web.

Il diritto d’autore è un caso particolare della proprietà intellettuale di un opera, con cui ci si riferisce in particolare ai diritti derivanti dalla creazione artistica.

Nel 1886  si elaborò e si stipulò tra diversi stati europei la  Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (conosciuta anche come Convenzione Universale sul Diritto d'Autore): un accordo internazionale che stabilisce per la prima volta il riconoscimento reciproco del diritto d'autore tra le nazioni aderenti. È ancora in vigore oggi e grazie ad essa sono state appianate le divergenze internazionali sul diritto d'autore.


I mezzi di registrazione e riproduzione sonora

Dal disco allo streaming

Dalla fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, il commercio musicale non si limita alla produzione di spettacoli e alla stampa e alla vendita di spartiti, ma nasce un’industria del prodotto musicale basata prima sui rulli fonografici, riprodotti con il fonografo inventato da Edison nel 1878.



All’inizio del Novecento il fonografo a cilindro fu soppiantato dal grammofono che riproduceva dischi in gommalacca  a 78 giri. 



Questa invenzione portò ad una rapida diffusione dell’industria discografica. 

Con la vendita di un disco dovevano essere compensati gli autori, gli interpreti, oltre che la ditta produttrice del disco. 

Dal 1950 circa al posto dei dischi in gommalacca si diffusero i dischi in vinile a 45 giri e a 33 giri (long playing).



Nonostante i dischi non potessero essere incisi a livello domestico, si diffusero anche i falsi, ovvero i dischi contraffatti che potevano essere venduti a basso prezzo non dovendo sostenere i costi dei diritti dovuti ad autore e interprete oltre che i costi tecnici della registrazione originale

Questo fenomeno esplose con la diffusione dagli anni Cinquanta dei primi registratori a nastro, e, soprattutto, negli anni Settanta, con i registratori a cassette, che potevano registrare oltre che riprodurre un nastro magnetico  contenuto in un piccolo contenitore di plastica.

Le audio cassette potevano quindi essere incise facilmente da chiunque fosse in possesso di un audio registratore da pochi soldi



Un disco di successo poteva essere così registrato in molte copie e rivenduto a basso prezzo senza riconoscere nulla né all’autore della musica né al primo produttore che aveva sostenuto gli investimenti per realizzare il disco originale.

Il danno per i produttori e gli autori di dischi era notevole: non solo singoli utenti registravano da altri dischi o dalla radio la musica per sé o per i propri amici, ma organizzazioni illegali, spesso controllate dalla criminalità organizzata, mafia, camorra e ndrangheta, iniziarono a  copiare e rivendere copie  di dischi e audiocassette.

Negli anni Ottanta, con la registrazione audio digitale e la diffusione del Compact Disc (CD), si cominciò a poter riprodurre e copiare musica di qualità identica all’originale.



Infine negli anni Novanta la registrazione digitale si libera del supporto fisico (disco, nastro magnetico, CD) e comincia a essere diffusa come file di dati, compresso in diversi formati tra cui quello di maggior successo è il formato MP3 che consentiva di mantenere una qualità del tutto simile all’originale con un peso in byte ridotto, quindi facilmente trasferibile anche in rete e via internet (che allora non era efficiente e veloce quanto oggi).

La musica compressa in MP3 poteva essere registrata su CD o ascoltata direttamente dal Computer o dai cosiddetti lettori MP3


Anni 2000: diffusione di internet e del file sharing

A cavallo degli  anni 2000, con la diffusione di internet a livello di massa, comincia il primo scambio di file musicali sul web, il cosiddetto file sharing.

Si diffondono metodi di scambio di dati: anche in questo caso non si tratta solo del passaggio di file tra amici (fenomeno illegale ma di portata limitata), ma si sviluppano software che consentono lo scambio di dati attraverso il web, e soprattutto, organizzazioni illegali che raccolgono file musicali e li diffondono in rete.

Perché lo fanno? Per diffondere la cultura tra la gente?

No. Lo scopo è quello, di:

- prendere i dati dell’utente, tra cui, ad esempio i codici di collegamento con il proprio conto corrente bancario, o i dati della carta di credito

- introdurre virus informatici nel pc dell’utente per prendere il controllo del pc stesso, anche solo per il gusto di fare danni

- provocare il collegamento non voluto ad altri siti illegali tra cui siti di scommesse, di immagini violente o pornografiche


La musica attraverso i social network

Dagli anni 2000 i musicisti iniziano a diffondere la propria musica  su propri siti web,  su piattaforme dedicate specificatamente alla musica, come, ad esempio soundcloud, oppure su piattaforme collaborative, i cosiddetti social network.

La prima piattaforma a diffondersi tra i musicisti è myspace, seguita poi da facebook e da istagram e, infine, negli anni più recenti, tik tok.


La stessa piattaforma youtube, destinata alla pubblicazione di video su internet, mette a disposizione di tutti la possibilità di caricare video musicali e diventa uno dei principali mezzi di diffusione della musica.

Tutte queste piattaforme, perfettamente legali nella fruizione, producono effetti illegali se gli utenti caricano musica non propria, specie se ne ricavano  vantaggi di immagine o di denaro, attraverso la pubblicità.

Negli ultimi anni le principali piattaforme di diffusione della musica via internet, youtube, spotify, dezeer, apple music, amazon music, hanno stipulato accordi con i governi e con le case discografiche, per riconoscere almeno un piccolo compenso agli autori dei contenuti.

Di fatto, se non ci fosse una legislazione che protegge gli autori della musica, nessuno potrebbe più svolgere professionalmente l’attività di musicista, perché ogni sua creazione o interpretazione sarebbe immediatamente riproducibile da chiunque e il guadagno andrebbe unicamente a coloro che hanno la capacità e la forza di sfruttare legalmente o illegalmente la diffusione della musica, ovvero agli editori e alle piattaforme di pubblicazione sul web.


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