Stefano Staro,
docente di Musica presso l'Istituto Comprensivo Statale Est 1 di Brescia

17 apr 2020

I canti degli Alpini - selezione di brani

Gli Alpini

"Costituiti il 15 ottobre 1872, gli Alpini propriamente detti sono il più antico Corpo di Fanteria da montagna attivo nel mondo, originariamente creato per proteggere i confini montani settentrionali dell'Italia con Francia, Impero austro-ungarico e Svizzera. Nel 1888 gli Alpini furono inviati alla loro prima missione all'estero, in Africa, continente nel quale sono tornati più volte nella loro storia, per combattere le guerre coloniali del Regno d'Italia."

"Si sono distinti durante la prima guerra mondiale, quando furono impiegati nei combattimenti al confine nord-est con l'Austria-Ungheria, dove per tre anni dovettero confrontarsi con le truppe regolari e da montagna austriache e tedesche,  lungo tutto il fronte italiano" (tratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Alpini)

Il repertorio degli Alpini

Il repertorio dei canti degli Corpo degli Alpini tratta soprattutto di vicende di guerra: molti canti parlano di battaglie, altri sono inni all'Italia o al valore alpino; alcuni sono veramente toccanti, mettono in risalto gli aspetti più crudi della guerra: la morte del capitano, il dolore dei soldati, la crudeltà degli imperatori e, quasi sempre, la morte di tanti soldati: "tutti giovani sui vent'anni". 
Il repertorio dei cori degli Alpini risale comunque in massima parte al periodo della prima guerra mondiale (1915-1918).
(vedi anche: https://www.lagrandeguerra.net/ggaudioitalia.html)

La musica, semplice ma diretta al cuore, unita a parole profonde e solo apparentemente “facili” da rimare in poche strofe e da cantare in coro aiutano a dare identità, a rinsaldare i legami del gruppo, a far sentire uniti nello stesso destino: il destino  degli Alpini certo, che furono particolarmente prolifici nel “musicare” le loro leggendarie gesta, ma anche quello del “fantaccino” in generale (ovvero del fante, del soldato qualunque) , che lascia come suo unico testamento poche, semplici e dolorose emozioni che raggiungono chiunque.

Ancor oggi spesso non ci si rende conto come nel nostro immaginario collettivo il Corpo degli Alpini e l’idea del fante in trincea, si sposino inequivocabilmente al ricordo e alle atmosfere della Grande Guerra. Ecco la forza di un canto, nato spesso durante una trepidante vigilia di un assalto o dopo un cruento scontro, che forse meglio di un saggio, un diario e persino di una fredda e tagliente statistica ufficiale, riesce a superare le barriere del tempo e a testimoniare ad imperitura memoria ciò che accadde quasi un secolo fa. 
(vedi anche https://www.italiacanora.net/t54-cori-alpini-tutti-i-canti-degli-alpini)
Il mito degli Alpini si concretizza dunque anche attraverso questo viatico musicale, sfruttando una insolita liturgia di trapasso verso la morte, durante la guerra, e di memoria irrinunciabile, in tempo di pace. 

Non a caso, esistono moltissimi cori Alpini professionisti o anche amatoriali, che continuano spontaneamente a raccogliere questa eredità di chi visse, soffrì e perse la vita durante la Grande Guerra, ad un passo dal cielo; grazie alle voci di oggi, possiamo viaggiare nel tempo e rivivere in modo estremamente toccante le stesse emozioni e gli stessi battiti del cuore di semplici uomini arditi, che diedero così tanto per ideali di Patria, di Pace e di Amore. 


I temi

Il repertorio dei canti degli alpini rende omaggio  alla figura del soldato che, attraverso inni patriottici cantati in trincea e durante le marce di spostamento, superava o almeno in parte leniva le angustie di una guerra lunga e massacrante. 

 A differenza di quanto in uso preso la fanteria, raramente nelle canzoni intonate dalle penne nere si accusavano i graduati, questo perché anche chi portava le stellette era solito condividere i rischi delle cannonate, dei congelamenti in alta quota, accompagnandosi col soldato semplice nel precario isolamento che dona la guerra tra rocce e ghiacciai. 

I testi sono spesso associati a reparti specifici, legati a filo doppio con i distretti di reclutamento e relative forme dialettali. In molti stornelli è usata la terminologia caratteristica del gergo militare, una vera e propria “lingua di guerra” nata al fronte e adottata da tutto l’esercito. Tra le varie locuzioni rivolte a procurare rime allegre e forse anche ridicole troviamo espressioni quali: marmitta, cicchetto, mafia, stecca, ghirba, fifa…., fino ad arrivare agli appellativi che distinguevano specialità e reparti: “Brigata polenta” stava per Brigata Casale, “Chichirichì” per i Bersaglieri, la “Vasellina” era il Corpo Sanitario, la “Buffa” per la Fanteria e gli “Scarponi” per le truppe alpine. Aleggiava tra i testi intonati dagli alpini un misto di romanticismo e tristezza per l’esistenza precaria imposta dal conflitto, al quale si contrapponeva l’amore per le valli e le vette, stupenda e naturale coreografia idonea alle interpretazioni dei cori. 


Alcuni canti selezionati



I canti nascono per essere cantati a cappella senza alcun accompagnamento, cosa non possibile, peraltro nelle trincee o negli spostamenti sulle montagne.
Le voci sono, in origine, ovviamente, solo maschili, essendo il servizio militare riservato ai soli maschi.
Sono frequenti semplici armonizzazioni con doppie voci che rispondono ai diversi registri delle voci: tenori (che spesso cantano in falsetto, quindi con voci molto acute) e bassi.

La struttura dei canti è prevalentemente strofica, senza ritornello, ripetitiva, come si conviene alla narrazione di una storia.

Quando inizia ad affermarsi la tradizione del canto degli Alpini
 Il canto alpino in sé esiste come rielaborazione e riutilizzazione di canti popolari esistenti. È raro che ci sia un canto alpino nato tra gli Alpini: di solito sono canti popolari pre-esistenti adattati, soprattutto nel testo, alle situazioni che quei soldati si trovavano a vivere: in trincea, sotto attacco, in ritirata. È il caso, ad esempio, di La si taglia i biondi capelli: sicuramente esisteva già prima della guerra in molte regioni italiane. "Noi abbiamo ritrovato una versione che arriva dal Veneto, e fa riferimento alla bella guerriera, presente anche nella tradizione lombarda. Ecco, qui si vede bene l’adattamento alla situazione che quel reparto si trovava a vivere in quel frangente" (https://www.tempi.it/una-storia-musicale-di-popolo-gli-alpini-compiono-140-anni-intervista-a-pedrotti-coro-sat/)






Il Testamento Del Capitano
Tra i canti indimenticabili c'è  “Il testamento del Capitano”, derivato da una antica ballata composta nel 1528 per onorare la morte del marchese di Saluzzo, capitano generale delle armi francesi. Il testo, più volte rielaborato nei secoli, fu adottato dagli alpini, divenne famoso con la Prima Guerra Mondiale e fu ancora intonato durante la Seconda. La melodia rimase la stessa, cambiarono solo le parole.

ascolta e canta: https://youtu.be/Ggk_V867syE

Il capitan de la compagnia
 e l'è ferito sta per morir
 e manda a dire ai suoi Alpini
 perché lo vengano a ritrovar.
 I suoi alpini ghe manda a dire
 che non han scarpe per camminar.
 "O con le scarpe, o senza scarpe
 i miei Alpini li voglio qua".
 Cosa comanda siòr Capitano
 che noi adesso semo arriva'.
 "E io comando che il mio corpo
 in cinque pezzi sia taglia'"!
 Il primo pezzo al Re d'Italia,
 il secondo pezzo al Battaglion,
 il terzo pezzo alla mia mamma
 che si ricordi del suo figliol.
 Il quarto pezzo alla mia bella
 che si ricordi del suo primo amor.
 Il quinto pezzo alle montagne
 ché lo fioriscano di rose e fior. 

La tradotta
Canto derivato da un antico modello in uso tra i minatori del bresciano, trasformato e diffuso dai nostri soldati, con un nuovo testo, nel corso della guerra 1915-18. È presente nel repertorio di quasi tutte le corali alpine anche contenendo, atteggiamenti di palese contestazione contro la guerra. 
Il canto è ispirato agli avvenimenti connessi all'offensiva austro-tedesca sferrata su tutto il fronte dall'Astico al mare, contro le nostre difese, il 15 giugno 1918. La battaglia, come è noto, fu di eccezionali dimensioni. I combattimenti sul Piave furono definiti « giganteschi ».  A Nervesa, oggi denominata Nervesa della Battaglia, si svolsero i più feroci combattimenti fra italiani e austriaci e si ebbero altissime perdite da entrambe le parti.

Nervesa, ridotta a un cumulo di rovine, rimase in mani austriache fin quando, iniziatasi la controffensiva italiana, fu ripresa e rimase occupata dalle nostre truppe fino alla conclusione del conflitto.
(tratto da “Canti della Grande Guerra Vol. 1” Garzanti, Milano, 1981)

ascolta e canta:  https://youtu.be/Pww8CNX4Dj8

La tradotta che parte da Torino
a Milano non si ferma più
ma la va diretta al Piave,
ma la va diretta al Piave.
La tradotta che parte da Torino
a Milano non si ferma più
ma la va diretta al Piave,
cimitero della gioventù.

Siam partiti, siam partiti 
in ventinove,]
solo in sette siam tornati qua,
e gli altri ventidue?
e gli altri ventidue?
Siam partiti, siam partiti 
in ventinove,]
solo in sette siam tornati qua,
e gli altri ventidue?
sono morti tutti a San Donà.
A Nervesa, a Nervesa c'è una croce
mio fratello è sepolto là,
io c'ho scritto su Ninetto,
io c'ho scritto su Ninetto.
A Nervesa, a Nervesa c'è una croce
mio fratello è sepolto là,
io c'ho scritto su Nineto,
che la mamma lo ritroverà
Cara suora, cara suora son ferito
a domani non c'arrivo più,
se non c'è qui la mia mamma,
se non c'è qui la mia mamma.
Cara suora, cara suora son ferito
a domani non c'arrivo più,
se non c'è qui la mia mamma,
un bel fiore me lo porti tu

Era Una Notte Che Pioveva
Canzone, probabilmente del 1916. molto evocativa dell'alpino di guardia.  Melodia e cadenza sono prettamente popolari. Il canto si stacca dagli altri per il testo che pone in risalto con disarmata semplicità due degli aspetti più dolorosi della vita militare: i disagi e la lontananza.


ascolta e canta: https://youtu.be/Tz5XXawc3ss

Era una notte che pioveva
 e che tirava un forte vento;
 immaginatevi che grande tormento
 per un alpino che sta a vegliar!
A mezzanotte arriva il cambio
 accompagnato dal capoposto
 "Oh sentinella torna al tuo posto,
 sotto la tenda a riposar!".
Quando fui stato nella mia tenda
 sentii un rumore giù per la valle,
 sentivo l'acqua giù per le spalle,
 sentivo i sassi a rotolar.
  Mentre dormivo sotto la tenda
 sognavo d'essere con la mia bella
 e invece ero di sentinella
 fare la guardia allo stranier.

Monte Canino
Monte Canino è il titolo di un canto popolare che fa riferimento al Monte Canin in provincia di Udine, teatro, durante la prima guerra mondiale, di aspri combattimenti tra l'esercito italiano e quello austriaco.
Esso racconta e documenta ancor oggi le sofferenze degli alpini nel corso dell'estenuante guerra di posizione in cui gli eserciti contendevano palmo a palmo i terreni più impervi, costretti a combattere e a morire di ferite o di stenti a 2.500 metri di quota.

ascolta e canta: https://youtu.be/G6qlcUPWyAI
Non ti ricordi quel mese d'aprile
 quel lungo treno che andava ai confini,
 che trasportavano migliaia di Alpini;
 su, su correte, è l'ora di partir.

Dopo tre giorni di strada ferrata
 ed altri due di lungo cammino,
 siamo arrivati sul Monte Canino
 a ciel sereno ci tocca riposar.

Non più coperte, lenzuola, cuscini,
 non più l'ebbrezza dei tuoi caldi baci,
 solo si sentono gli uccelli rapaci
 e la tormenta e il rombo dei cannon.

Se avete fame, guardate lontano,
 se avete sete la tazza alla mano,
 se avete sete la tazza alla mano,
 che ci rinfresca la neve ci sarà


Ta-pum
Una canzone popolare con un ritornello simile è quella che cantavano i minatori durante il traforo della galleria del San Gottardo, aperta tra il 1872 e il 1880, ed il riferimento onomatopeico in questo caso era allo scoppio delle volate[1].

Origine



Il ritornello è ispirato al rumore degli spari della fucileria austro-ungarica dove il "TA" è il rumore della pallotta e il "PUM" il rumore dello sparo del fucile Steyr Mannlicher m1895 in dotazione alle truppe austriache ed in particolare ai cecchini.
L'attribuzione della canzone degli alpini è tuttora discussa. Alcuni l'attribuiscono ai militari italiani durante la Grande Guerra, mentre altri al compositore Antonio Piccinelli di Chiari, in ogni caso sarebbe nata nel periodo della battaglia del monte Ortigara (tratto da wikipedia).

ascolta e canta: https://youtu.be/AdZVmEBmKME

Venti giorni sull'Ortigara
senza il cambio per dismontar;
ta pum ta pum ta pum (due volte)
Quando poi ti discendi al piano
battaglione non hai più soldà;
ta pum ta pum ta pum (due volte)
Quando sei dietro a quel mureto
soldatino non puoi più parlar
ta pum ta pum ta pum (due volte)
Ho lasciato la mama mia
l'ho lasciata per fare il soldà;
ta pum ta pum ta pum (due volte)
Dietro il ponte, un cimitero
cimitero di noi soldà;
ta pum ta pum ta pum (due volte)
Cimitero di noi soldati
forse un giorno ti vengo a trovar;
ta pum ta pum ta pum (due volte)


O Gorizia tu sei maledetta
Questo non è un canto propriamente del repertorio degli alpini
Fa riferimento alla battaglia di Gorizia nella Prima Guerra Mondiale, in cui persero la vita circa 21 000 soldati italiani e 9000 soldati austriaci.
E' un canto di dolore e di rivolta contro la guerra, e, a lungo non potè essere cantato in pubblico senza che i suoi interpreti non fossero accusati di vilipendio alle forze armate, processati e insultati.
 ascolta e canta: https://youtu.be/sI2aRogpNCY


La mattina del cinque d'agosto
si muovevan le truppe italiane
per Gorizia, le terre lontane
e dolente ognun si partì
Sotto l'acqua che cadeva al rovescio [1]
grandinavan le palle nemiche
su quei monti, colline e gran valli
si moriva dicendo così:
O Gorizia tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza
dolorosa ci fu la partenza
e il ritorno per molti non fu
O vigliacchi che voi ve ne state
con le mogli sui letto di lana
schernitori di noi carne umana
questa guerra ci insegna a punir
Voi chiamate il campo d'onor
questa terra di là dei confini
Qui si muore gridando assassini
maledetti sarete un dì
Cara moglie che tu non mi senti
raccomando ai compagni vicini
di tenermi da conto i bambini
che io muoio col suo nome nel cuor

Traditori signori ufficiali
Che la guerra l'avete voluta
Scannatori di carne venduta [2]
E rovina della gioventù [3]

O Gorizia tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza
dolorosa ci fu la partenza
e il ritorno per molti non fu.

Bella ciao è una canzone folkloristica cantata dai simpatizzanti del movimento partigiano italiano durante e dopo la seconda guerra mondiale, che combattevano contro le truppe fasciste e naziste. La circolazione di Bella ciao durante la Resistenza è documentata e sembra circoscritta soprattutto in Emilia, fra l'Appennino Bolognese e l'Appennino Modenese, dove si dice che fu scritta da anonimi partigiani.
 Bella ciao partigiana riprendeva nella parte testuale la struttura del canto Fior di tomba, mentre sia musicalmente che nella struttura dell'iterazione (il "ciao" ripetuto) derivava da un canto infantile diffuso in tutto il nord, La me nòna l'è vecchierella 

Bella ciao
« Una mattina mi son svegliato,
 o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
 Una mattina mi son svegliato
 e ho trovato l'invasor.
O partigiano, portami via,
 o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
 O partigiano, portami via,
 ché mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano,
 o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
 E se io muoio da partigiano,
 tu mi devi seppellir.
E seppellire lassù in  montagna,
 o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
 E seppellire in montagna
 [sotto l'ombra] di un bel fior
Tutte le genti che passeranno
 o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Tutte le genti che passeranno
 Ti diranno «Che bel fior!»
«È questo il fiore del partigiano»,
 o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
 «È questo il fiore del partigiano
 morto per la libertà!» 

Signore delle cime, entrato nel repertorio dei cori degli alpini è in realtà un canto di ispirazione popolare con testo e musica composti nel 1958 dal compositore vicentino Giuseppe (Bepi) de Marzi, all'epoca ventitreenne, in memoria di un  amico morto in montagna

Destinato ad essere eseguito dal coro de I Crodaioli di Arzignano, fondato dallo stesso De Marzi, Signore delle cime è divenuto ben presto un successo mondiale, tradotto in molte lingue ed elaborato per diversi tipi di ensemble.
ascolta e canta: https://youtu.be/E6R7NPZ3qys?t=61

Dio del cielo, 
signore delle cime 
un nostro amico, 
hai chiesto alla montagna. 
Ma ti preghiamo, 
ma ti preghiamo 
su nel paradiso, 
su nel paradiso 
lascialo andare, 
per le tue montagne. 

Santa Maria, 
signora della neve 
copri col bianco, 
(tuo) soffice mantello 
il nostro amico 
il nostro fratello. 
Su nel paradiso, 
su nel paradiso 
lascialo andare, 

per le tue montagne.




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